
In caso di morte sul lavoro ciascuno dei familiari superstiti è titolare di un autonomo diritto all’integrale risarcimento che è comprensivo del danno da intendersi come: biologico, vale a dire le lesioni psico-fisiche dovute al lutto, morale da identificare nella sofferenza interiore soggettiva patita sul piano strettamente emotivo, nonché «dinamico-relazionale» consistente nel peggioramento delle abitudini e delle condizioni, interne ed esterne, di vita quotidiana.
Nel caso esaminato i ricorrenti hanno richiesto il risarcimento in ragione del decesso del loro familiare, rispettivamente marito e padre, a seguito di malattia contratta in servizio ed a causa del lavoro svolto quale medico specialista in gastroenterologia in servizio al Centro tumori di Medicina nucleare , della ASL.
L’Asl è stata condannata al risarcimento solo del danno morale jure proprio, subito dai ricorrenti, in quanto la Corte d’Appello, qualificando la domanda come volta a far valere un responsabilità extracontrattuale, ha dichiarato inammissibile la domanda di risarcimento del danno esistenziale e del danno morale jure hereditatis, dichiarando inutilizzabile la documentazione tardivamente prodotta a sostegno della domanda. Quindi ha rigettato le domande di risarcimento del danno biologico jure hereditatis e del danno patrimoniale, ha rigettato le domande di risarcimento per spese di cura, viaggio e funerarie; ha, infine, compensato tra le parti per intero le spese di lite dei due gradi di giudizio.
A seguito di ricorso avverso tale sentenza la moglie ed i figli del lavoratore deceduto, la Corte di Cassazione, sez. Lavoro, con sentenza 8 aprile – 16 ottobre 2014, n. 21917, ha osservato che “..il danno morale, pur costituendo un pregiudizio non patrimoniale al pari di quello biologico, non è ricompreso in quest’ultimo e va liquidato autonomamente, non solo in forza di quanto espressamente stabilito -sul piano normativo – dall’art. 5, lettera c), del D.P.R. 3 marzo 2009, n. 37, ma soprattutto in ragione della differenza ontologica esistente tra di essi. Tali danni corrispondono a due aspetti differenti: il dolore ulteriore e la significativa alterazione della vita quotidiana.
In particolare, quando “l’evento morte del soggetto danneggiato ..consegua a distanza di tempo dalla lesione, ..e’ configurabile un danno morale.
In particolare, quando “l’evento morte del soggetto danneggiato ..consegua a distanza di tempo dalla lesione, ..e’ configurabile un danno morale. Infatti, ..in caso di illecito civile che abbia determinato la morte della vittima, il danno cosiddetto “catastrofale”, conseguente alla sofferenza dalla stessa patita – a causa delle lesioni riportate – nell’assistere, nel lasso di tempo compreso tra l’evento che le ha provocate e la morte, alla perdita della propria vita (danno diverso sia da quello cosiddetto “tanatologico”, ovvero connesso alla perdita della vita come massima espressione del bene salute, sia da quello rivendicabile jure hereditatis dagli eredi della vittima dell’illecito, poi rivelatosi mortale, per avere il medesimo sofferto, per un considerevole lasso di tempo, una lesione della propria integrità psico-fisica costituente un autonomo danno “biologico”, accertabile con valutazione medico legale, deve comunque includersi, al pari di essi, nella categoria del danno non patrimoniale ex art. 2059 cod. civ., ed è risarcibile in favore degli eredi del defunto .