
La nuova norma inserita nella riforma della giustizia costituisce una sorta di rivoluzione per le esecuzioni forzate: espropriazioni di beni mobili, immobili e di crediti potrebbero trovare facile estinzione se non verrà rispettata la nuova disciplina che appare più favorevole per i debitori che, così, potranno da subito verificare se il creditore è seriamente motivato a procedere o sta solo cercando di stimolare il debitore al pagamento in via bonaria.
In sostanza a partire dall’11 dicembre, sarà l’avvocato - non più l’ufficiale giudiziario – a dover depositare, in tempi brevissimi dal compimento del pignoramento, i documenti in cancelleria necessari per la formazione del fascicolo dell’esecuzione. E cioè: la nota di iscrizione a ruolo, l’atto di pignoramento (in copia autenticata), il titolo esecutivo ( es: la sentenza, il decreto, l’assegno, la cambiale, ecc.).
L’avvocato dovrà adempiere a tale obbligo in un margine di tempo strettissimo che va dai 15 giorni nel caso di pignoramenti mobiliari e immobiliari, ai 30 giorni nel caso di pignoramenti presso terzi.
In caso non vi provveda, il pignoramento perde efficacia.
La riforma va sicuramente incontro ai debitori, per evitare che questi siano messi sotto “tiro” senza che, a monte degli atti esecutivi, vi sia una effettiva intenzione di procedere alla vendita.
Il creditore, in pratica, sarà tenuto a un atto di responsabilità nella scelta dei beni da pignorare, perché, una volta che avrà optato per una determinata forma di pignoramento, dovrà immediatamente manifestare la propria volontà di andare avanti, depositando la nota di iscrizione e, naturalmente, pagando il contributo unificato allo Stato.
Se non lo farà, la procedura verrà chiusa e si dovrà procedere a un nuovo pignoramento.