L’abbandono della casa coniugale, normalmente, costituisce una violazione dei doveri del matrimonio, e quindi può comportare l’addebito, cioè la dichiarazione di responsabilità della fine dell’unione.
Ma nei casi in cui la crisi della coppia è conclamata e l’unione è venuta definitivamente meno è lecito lasciare la casa poco prima dell’inizio della causa di separazione.
E’ questo l’orientamento della Cassazione secondo cui il comportamento “astrattamente” colpevole di uno dei coniugi può dar luogo all’addebito solo se è esso stesso la causa della rottura e non la conseguenza di una crisi già in atto.
Quindi non c’è bisogno che si realizzi una situazione di pericolo per l’incolumità fisica e morale del coniuge, come per esempio in caso di violenze del marito nei confronti della moglie, per consentire a quest’ultimo di abbandonare il tetto e andare a vivere altrove . Persino il tradimento è stato ritenuto perdonabile nel caso la coppia abbia smesso di avere rapporti e sia ormai divisa fisicamente e moralmente.
Pertanto, il giudice non può dichiarare l’addebito alla moglie o al marito che abbandona la casa poco prima della separazione quando la frattura tra i due coniugi è ormai irreversibile.
Quando sia già intervenuto il deposito in tribunale degli atti processuali con la richiesta di separazione presentata dagli avvocati, o nel caso di separazione consensuale, il ricorso unico al Presidente del Tribunale, i coniugi hanno concretamente manifestato la propria volontà a dividersi ed è quindi incontrovertibile il fatto che l’unione sia venuta meno: la conseguenza è che ognuno dei due dovrebbe sentirsi libero di lasciare l’immobile, qualora lo voglia anche se l’abbandono della casa coniugale avvenga qualche mese prima della prima udienza.