Secondo la giurisprudenza c’è la responsabilità del medico che ha ritardato a formulare la corretta diagnosi: il professionista è tenuto a risarcire il danno non patrimoniale patito dal paziente per aver vissuto nell’apprensione.
Il danno che deriva dall’aver perso del tempo prezioso per curarsi si chiama danno da perdita delle chance di guarigione e può essere esercitata anche dagli eredi del malato nel caso in cui il ritardo diagnostico non sia riuscito a evitare l’evento infausto della morte.
La richiesta di risarcimento del danno, naturale conseguenza d’una negligente condotta del medico, deve essere formulata esplicitamente in primo grado, in quanto, secondo i giudici, la domanda di indennizzo non può ritenersi implicita nella richiesta generica di condanna del medico al risarcimento di “tutti i danni” causati dalla morte della vittima”.
In tal modo la sentenza riconosce un’apposita voce di risarcimento per la sofferenza conseguente alla paura ed apprensione vissute quando il malato viene a conoscenza dell’errore medico e diventa consapevole che a causa del ritardo nella diagnosi si sono ridotte le chance di cura e sopravvivenza.
È necessario, insomma, far chiaro riferimento alla richiesta di indennizzo del danno da perdita delle chance di guarigione.