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La Cassazione restringe gli ambiti operativi dell’abuso d’ufficio

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La Cassazione restringe gli ambiti operativi dell’abuso d’ufficio

L’ingiustizia del vantaggio nel reato di abuso d’ufficio. Cass. Pen. Sez. IV, 11.11. 2015, n. 48914

Massima: In tema di abuso di ufficio, l’ingiustizia del vantaggio richiesta dall’art. 323 c.p. deve riguardare non solo “il momento dinamico”, vale a dire il fatto causativo, ma anche il risultato dell’azione, ossia il fine perseguito dall’agente: il vantaggio cioè per qualificarsi ingiusto non solo deve essere prodotto non jure ma essere esso stesso contra ius”. .

Il delitto de quo, secondo tale pronuncia di legittimità, risulta integrato quando è accertata la doppia e autonoma ingiustizia, sia della condotta che deve essere connotata da violazione di norme di legge o di regolamento, che dell’evento di vantaggio patrimoniale in quanto non spettante in base al diritto oggettivo, con la conseguente necessità di una duplice distinta valutazione in proposito, non potendosi far discendere l’ingiustizia del vantaggio dalla illegittimità del mezzo utilizzato e, quindi, dall’accertata illegittimità della condotta.

A bene vedere tale orientamento interpretativo appare non pienamente condivisibile. L’accertata violazione di norme di legge, di regolamenti e di circostanze che impongano l’astensione da parte del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio, determina ex se un vantaggio inteso come evento di tale prodromica condotta, di per sé ingiusto, in quanto viziato ab origine dalla stessa condotta che lo ha generato. Nessuna rilevanza può assumere la circostanza che il vantaggio conseguito si inserisca in una logica di rapporto eventualmente lecito, che tale risulterebbe solo se considerato in maniera atomistica guardando al solo evento. Tale impostazione, tuttavia, appare riduttiva e contraria alla ratio legis, idonea a creare una frattura tra i due momenti della condotta dinamica e dell’evento che, invece, devono essere considerati in maniera sinergica.

In definitiva, senza la condotta intenzionale di violazione di norme e di regolamenti posta in essere al fine di conseguire un vantaggio per sé o per altri o un danno ingiusto altrui, il vantaggio (id est l’evento) non potrebbe realizzarsi. Ciò giustifica la ritenuta sua ontologica ingiustizia, a fortiori quando emerge che senza la violazione a monte, l’ingiustizia nella fase dinamica, il soggetto beneficiario non avrebbe comunque beneficiato del vantaggio a valle che costituisce l’evento ingiusto.

Inoltre la condotta contra ius, può realizzare un altro evento, pure preso in considerazione dalla norma dell’art. 323 c.p. e cioè il danno ingiusto arrecato ad altri.

In tal senso si pensi a titolo esemplificativo all’assegnazione di un appalto avvenuta in modo “illegittimo”, in violazione delle norme dettate in tema di evidenza pubblica che determinano l’assegnazione della commessa pubblica a terzi che adempiono regolarmente l’oggetto del contratto, ma a discapito della società ingiustamente non assegnataria che sarebbe stata tale se non ci fosse stata la condotta contra ius a monte poste in essere dal pubblico ufficiale.

Assume autonomia di valutazione, invece, l’evento inteso come vantaggio ingiusto in relazione al diverso profilo della profitto confiscabile, come più volte ribadito dalla Suprema Corte.

 

 Avv. Giacomo BARBARA