Di solito il proprietario dell’immobile da ristrutturare affida l’incarico all’ingegnere, all’architetto o alla ditta di esecuzione dei lavori e stipula un contratto di appalto.
Il contratto può essere anche verbale: il nostro ordinamento non impone necessariamente la forma scritta.
La sottoscrizione di una scrittura privata è una garanzia per le parti perché, definendo i relativi obblighi come il prezzo, i tempi di consegna o i materiali, evita che possano sopraggiungere contestazioni o fraintendimenti.
Nel caso di appalto verbale, qualora dovessero sopraggiungere complicazioni o liti, spetterà alla parte che rivendica il proprio diritto, dimostrarne al giudice l’esistenza, a meno che non vi siano scambi di corrispondenza, di email, da cui possano essere tratti elementi di prova a favore dell’uno o dell’altro soggetto.
Se nel corso dei lavori di ristrutturazione, si rendano necessarie delle opere ulteriori, non indicate nel preventivo l’appaltatore chiederà un corrispettivo ulteriore rispetto a quello indicato nel preventivo: il Codice civile consente all’appaltatore di aumentare il prezzo convenuto fino a massimo un sesto in caso di variazioni al progetto iniziale non ipotizzabili in partenza.
Se però il prezzo aumenta più di un sesto rispetto a quello pattuito, il committente è libero di scegliere se accettare la variazione e proseguire nei lavori oppure recedere.
Se però le parti non si accordano sull’entità delle variazioni al progetto e al relativo corrispettivo, ciascuna delle due può rivolgersi al giudice che determinerà le correzioni necessarie per l’esecuzione dell’opera a regola d’arte.
Sempre il Codice civile stabilisce che se le variazioni sono di notevole entità, il committente può recedere dal contratto corrispondendo un equo indennizzo all’appaltatore per quanto da questi realizzato fino a quel momento. Si tratta quindi di un corrispettivo diverso e più basso rispetto a quello indicato nel preventivo.
Resta il diritto di recesso unilaterale del committente anche a lavori già iniziati: il Codice stabilisce che il committente può recedere dal contratto, anche se è stata iniziata l’esecuzione dell’opera o la prestazione del servizio, purché tenga indenne l’appaltatore delle spese sostenute, dei lavori eseguiti e del mancato guadagno.
Se dovessero sopraggiungere delle contestazioni sul prezzo concordato verbalmente solo ad opere eseguite, le fatture emesse dalla ditta non sono in grado di dimostrare l’esistenza del credito: con esse l’appaltatore può richiedere un decreto ingiuntivo e poi notificarlo al committente, ma questi può opporsi nei 40 giorni successivi; ed allora, nel relativo giudizio, spetterà alla ditta provare l’esecuzione dei lavori e il preventivo concordato.
Nel caso di dubbi, sarà il giudice a determinare qual è l’equo compenso per i lavori effettivamente svolti, rimettendo magari a un consulente la valutazione se l’esecuzione è avvenuta a regola d’arte.
Anche nel caso di ristrutturazioni senza contratto: si possono ottenere le detrazioni fiscali: è sufficiente che i pagamenti vengano effettuati mediante il cosiddetto bonifico parlante ossia bonifico bancario o postale, anche online, con causale del versamento.