Non ha evaso l’Iva volontariamente ma perché costretto dalla situazione di crisi: con questa motivazione il Tribunale di Brindisi ha assolto per la seconda volta in pochi mesi un imprenditore metalmeccanico di Brindisi che, a fronte di commesse e lavori già eseguiti, in assenza di liquidità, non aveva pagato l’Iva per alcune centinaia di migliaia di euro proprio in relazione ai mancati incassi. Per quei lavori infatti, le fatture erano state regolarmente emesse dall’azienda che però non aveva ancora incassato compensi.
Il mancato pagamento nei termini prescritti aveva gravato l’impresa di ulteriori sanzioni per il mancato versamento. Nemmeno le azioni giudiziarie tese al recupero dei crediti avevano sortito l’effetto sperato e l’imprenditore ha dovuto chiedere al Tribunale il fallimento della propria azienda. Dopo la tesi
prodotta dalla difesa, i giudici hanno accertato la difficile situazione finanziaria della società, e hanno ritenuto scusabile il comportamento dell’imprenditore perché imposto dalla particolare situazione contingenza
Con la pronuncia in esame il Tribunale di Brindisi sembra aderire ad un recente indirizzo dottrinale e giurisprudenziale che ha trovato l’avvallo nella Suprema Corte, che ammette in determinati e circoscritti casi, la riconoscibilità di un principio generale di inesigibilità.
In definitiva secondo questo assunto, la condotta illecita posta in essere dal soggetto, anche se astrattamente integratrice del precetto penale, in concreto non sarebbe perseguibile a causa della non esigibilità della condotta alternativa lecita. Ciò in ossequio al noto brocardo latino ad impossibilia nemo tenetur che, incidendo sulla colpevolezza del soggetto, elidendola, rende non passibile di rimprovero (penale) la condotta contra ius .
Il particolare periodo storico attuale caratterizzato da una profonda e strutturale crisi economica, a certe condizioni può assumere il connotato sostanziale della forza maggiore che, ex art. 45 c.p., determina la non punibilità del soggetto.
Luca Cellamare