È sempre di attualità il tema dei rapporti tra datore di lavoro e dipendente: nel caso della malattia, il datore di lavoro può inviare il medico dell’Inps per la visita di controllo.
Ma questa procedura impone al dipendente l’obbligo di reperibilità previsto per legge (per i dipendenti pubblici, dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 18; per i dipendenti privati, invece, dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19).
Quindi il dipendente può uscire fuori di casa dopo la reperibilità: la legge non impone al lavoratore di restare nel proprio domicilio tutte le 24 ore fino a guarigione completata.
Anche se la malattia è fondata, il malato può benissimo, fuori dagli orari della visita fiscale, uscire di casa, andare in discoteca, scattarsi delle fotografie e postarle su Facebook: né il datore potrebbe chiedere una visita fiscale tutti i giorni poiché ciò comprimerebbe eccessivamente la libertà del lavoratore.
Tuttavia, il comportamento tenuto dal dipendente durante la malattia può essere ugualmente valutato dall’azienda, a prescindere dal rispetto della reperibilità nei confronti del medico fiscale, come causa di licenziamento se con il suo un comportamento, il dipendente pregiudica la sua pronta guarigione.
In sostanza se il dipendente è assente per una febbre e ciò nonostante la sera esce con gli amici oppure chi è affetto da una lombo sciatalgia e venga visto guidare l’auto, sarebbe passibile di licenziamento.
In sostanza il datore di lavoro non ha altri strumenti al di là della visita fiscale per costringere il dipendente a rimanere a casa; tuttavia, qualora ciò non avvenga e quest’ultimo pregiudichi la sua guarigione può essere ugualmente licenziato.
Stesso discorso vale nell’ipotesi di abuso dei permessi della legge 104o di utilizzo dei congedi parentali per finalità differenti da quelle di accudire la prole.