
La Commissione Tributaria del Lazio ha sollevato ( ord. del 10 giugno 2013) la questione di legittimità costituzionale dell’art. 32, comma 1, n. 2), D.P.R. n. 600/1973: oggetto del contendere erano alcuni avvisi di accertamento con i quali veniva accertata una maggiore IRPEF ed IVA per il periodo d’imposta 2004, le cui rettifiche avevano trovato fondamento nella presunzione contenuta nel predetto art. 32.
La censura riguardava la locuzione “o compensi” inserita dalla legge n. 311/2004 (legge Finanziaria per l’anno 2005), la quale ha esteso anche ai lavoratori autonomi la presunzione (fino a tale data prevista solo per i titolari di reddito d’impresa) in base alla quale le somme prelevate dal conto corrente costituiscono compensi da assoggettare a tassazione se non sono annotate nelle scritture contabili e se non vengono individuati i loro beneficiari.
Decidendo nel merito la Corte Costituzionale (sentenza n. 228 del 6 ottobre 2014) ha ritenuto fondata la censura, dichiarando l’illegittimità costituzionale della norma, limitatamente alle parole “o compensi”.
Infatti, sebbene le figure dell’imprenditore e del lavoratore autonomo siano per molti versi affini, esistono delle specificità di quest’ultima categoria che fanno ritenere arbitraria l’omogeneità di trattamento prevista dalla disposizione censurata, secondo la quale il prelevamento dal conto corrente bancario dovrebbe essere considerato anche per questa
categoria professionale come un costo a sua volta produttivo di un ricavo.
Come argomentato anche dai giudici di legittimità il fondamento economico-contabile è congruente con il fisiologico andamento dell’attività imprenditoriale, di contro, l’attività propria dei lavoratori autonomi si caratterizza per la preminenza dell’apporto di lavoro proprio e, di conseguenza, per la marginalità di una struttura organizzativa.
Inoltre la non ragionevolezza della presunzione recata dall’art. 32, comma 1, n. 2) D.P.R. n. 60071972, troverebbe ulteriore conforto nel fatto che gli eventuali prelevamenti vengono ad inserirsi in un sistema di contabilità semplificata di cui generalmente e legittimamente si avvale il lavoratore autonomo.
Pertanto la presunzione inserita dalla legge n. 311/2004 risulta, secondo la Consulta, lesiva del principio di ragionevolezza nonché di quello della capacità contributiva, essendo arbitrario ipotizzare che i prelevamenti ingiustificati dai conti correnti effettuati dai lavoratori autonomi siano
destinati o ad investimenti nell’ambito della propria sfera professionale o in quella personale.
La decisione della Corte Costituzionale sulla illegittimità costituzionale di tale presunzione, comporterà significativi effetti sul contenzioso in essere e su quello futuro. Infatti, i prelevamenti dai conti correnti bancari dei professionisti non possono più essere poste a fondamento delle rettifiche e degli accertamenti previsti dagli articoli 38, 39, 40 e 41 D.P.R. n. 600/1973