Nessun onorario spetta all’amministratore nel caso in cui la contabilità del condominio non faccia comprendere ai condomini le voci di entrate e le spese, con le relative quote di ripartizione.
Tra i compiti dell’amministratore vi è quello di curare una contabilità ordinata e chiara e quando ciò non avviene, tanto che per i condomini diventa difficile comprendere le entrate e le spese del bilancio, l’assemblea ha diritto a negargli il compenso.
Questo è stato chiarito dalla Cassazione in una recente sentenza nella quale si legge che la contabilità presentata dall’amministratore del condominio, seppure non debba essere redatta con forme rigorose, simili a quelle prescritte per i bilanci di società, deve però essere idonea a rendere comprensibili ai condomini le voci di entrata e di uscita, con le relative quote di ripartizione.
L’amministratore di condominio è legato ai condòmini da un contratto di mandato. Di conseguenza, l’amministratore ha il preciso dovere di rendere, attraverso una puntuale tenuta della contabilità condominiale, comprensibili a tutti i condòmini le entrate e le spese, con le relative quote di ripartizione. Se non lo fa si rende inadempiente ai propri obblighi e, perciò, non può neanche pretendere di essere pagato.
La tenuta della contabilità, osserva ancora la Suprema Corte, deve essere tale da permettere ai condòmini anzitutto, «di stabilire se l’operato di chi rende il conto sia uniformato a criteri di buona amministrazione». In pratica il bilancio condominiale è la prova dell’attività svolta dall’amministratore e serve per verificare che questi abbia agito sempre correttamente.