Chi non è tenuto a pagare il canone Rai perché lo stesso è già pagato da un altro familiare dello stesso nucleo familiare o perché non ha la televisione, deve inviare l’autocertificazione all’Agenzia delle Entrate entro i termini di legge che vanno dal 1° luglio al 31 gennaio dell’anno successivo.
In mancanza di questo invio, in caso di accertamento fiscale e successiva sanzione non potrà fare ricorso al giudice, in quanto la legge di Stabilità 2016, che ha riformato la disciplina sul canone Rai, contiene una specie di trappola fiscale .
L’unico modo per vincere la presunzione di non possesso della televisione è quella di inviare l’autocertificazione: se ciò non avviene, non c’è più modo di dimostrare il contrario, anche dinanzi a un giudice e con prove inoppugnabili che confermano le proprie ragioni.
Insomma, il diritto a non pagare scatta solo con la prova dell’adempimento formale dell’invio della comunicazione all’Agenzia, mentre qualsiasi altra prova non potrà essere presa in considerazione dal giudice.
Ne consegue che l’utente sbadato, smemorato o che è ricoverato in ospedale, non ha altri modi per contestare l’eventuale sanzione: si tratta dell’unica imposta che, di fatto, non consente di fare ricorso al giudice. E ciò in violazione dell’articolo 24 della Costituzione che riconosce il diritto di ricorrere al giudice per la tutela dei propri interessi.
Chi non possiede la televisione, in mancanza dell’invio dell’autocertificazione, (anche se è in ospedale) non ha la possibilità di recuperare in un momento successivo: quindi in caso arrivi l’accertamento dell’Agenzia delle Entrate non potrà fare ricorso contro la sanzione adducendo prove contrarie.
Così, quella che è una presunzione relativa, che cioè consente la prova contraria, si trasforma automaticamente, ogni 31 gennaio di ogni anno, in una presunzione assoluta che non consente più alcuna prova contraria.