
La riforma del processo civile approvata lo scorso anno ( Art. 492-bis cod. proc. civ.) consente al creditore, previa autorizzazione del Presidente del Tribunale, di effettuare tramite l’ufficiale giudiziario, l’accesso ai database della pubblica amministrazione per verificare quali sono i “beni” del debitore da sottoporre ad esecuzione forzata. Il senso è il tentativo di agevolare le procedure di recupero crediti.
In sostanza non si possono frapporre ostacoli al creditore che vuol verificare, telematicamente, quali sono i beni di proprietà del debitore da sottoporre a pignoramento.
Purtroppo la riforma ha lasciato un vuoto, in quanto ha rinviato l’attuazione pratica di tutto ciò, all’emanazione dei decreti ministeriali che al momento non sono intervenuti.
Alcuni tribunali si sono posti il quesito se nel frattempo, sia comunque possibile autorizzare i creditori a rivolgersi direttamente ai gestori delle banche dati, ritenendo possibile sin da subito l’accesso diretto, da parte del creditore, alle banche dati della pubblica amministrazione per ricercare telematicamente i beni del debitore da pignorare.
In sostanza, in attesa dei decreti attuativi e delle dotazioni tecnologiche da parte degli ufficiali giudiziari, il creditore, previa autorizzazione del Presidente del Tribunale, può rivolgersi direttamente alle singole amministrazioni che gestiscono le banche dati alle quali intende fare accesso ( es Inps, Agenzia delle Entrate, PRA): saranno queste ultime, al posto dell’ufficiale giudiziario, a fornire al creditore le informazioni richieste e di cui ha necessità al fine di sapere dove il debitore “nasconde” i beni.
In questo modo il creditore, prima ancora di effettuare un tentativo di esecuzione forzata, potrà rivolgersi in anticipo ai gestori delle banche dati in modo poi da sapere dove e cosa pignorare, senza inutili sprechi di soldi e di tempi.